La parola “algoritmo” è ovunque. La sentiamo in contesti che spaziano dai social network alla finanza, dalla medicina all’informazione online. Ma cosa significa esattamente? Come funziona un algoritmo? E perché è diventato un attore invisibile ma potentissimo nelle nostre vite quotidiane?
Dietro ogni “consiglio” di Amazon, ogni video che ci viene mostrato su TikTok o ogni prezzo che cambia online, c’è un algoritmo. Capirne il funzionamento, anche a grandi linee, è oggi una forma di educazione civica digitale.
Punti Chiave
- Un algoritmo è una sequenza di istruzioni per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo.
- È alla base di tutti i programmi informatici, dai motori di ricerca ai social network.
- Gli algoritmi elaborano dati e prendono decisioni automatizzate, spesso senza trasparenza.
- Hanno un impatto diretto su ciò che vediamo, compriamo, leggiamo e perfino su chi votiamo.
- Comprendere il funzionamento degli algoritmi significa capire i meccanismi di potere digitali.
Cos’è un algoritmo?
In senso stretto, un algoritmo è una serie finita di istruzioni che, applicate in un certo ordine, portano a un risultato. È un concetto antico, che nasce con la matematica: Euclide ne usava uno per calcolare il massimo comune divisore già nel III secolo a.C.
Nel mondo digitale, un algoritmo è un procedimento logico che un computer può seguire per risolvere un problema, eseguire un compito o prendere una decisione.
Esempio semplice: un algoritmo per fare una torta prevede step precisi (mescola gli ingredienti, preriscalda il forno, cuoci per 40 minuti…). Il computer funziona nello stesso modo: legge le istruzioni, una dopo l’altra, per arrivare al risultato previsto.
Come funziona (in pratica)?
Prendiamo un caso concreto: il suggerimento di un video su YouTube.
- L’algoritmo raccoglie dati: cosa hai già visto, per quanto tempo, se hai messo like, cosa hanno visto altri utenti simili a te.
- Usa regole e modelli per attribuire un “punteggio” ai possibili video da mostrarti.
- Ordina i contenuti in base a questi punteggi.
- Ti presenta quelli con la probabilità più alta che tu ci clicchi sopra.
Questo processo, invisibile ma continuo, si ripete ogni volta che apri l’app. Non è magia. È calcolo automatico, statistica, ottimizzazione. In una parola: algoritmica.
Algoritmi ovunque
Gli algoritmi non sono solo su YouTube. Ecco alcuni esempi del loro impatto quotidiano:
- Social media: decidono cosa compare nella tua home, quali contenuti diventano virali, quali spariscono.
- Motori di ricerca: Google usa algoritmi complessi per decidere quale sito mostrare tra miliardi.
- Pubblicità online: i banner che vedi sono scelti da algoritmi di profilazione e targeting.
- E-commerce: i prezzi possono cambiare dinamicamente in base al comportamento degli utenti.
- App di dating: decidono chi ti viene mostrato/a, in base a criteri appresi dal tuo uso.
- Servizi pubblici e giustizia: alcuni algoritmi sono usati per assegnare punteggi di rischio a detenuti o beneficiari di sussidi.
- Finanza: operazioni automatiche di acquisto e vendita di azioni sono gestite da algoritmi ad alta frequenza.
In tutti questi ambiti, le decisioni non sono neutrali. Sono influenzate da chi progetta l’algoritmo, da quali dati usa, e da quali obiettivi persegue.
Gli algoritmi decidono?
Una domanda frequente è: gli algoritmi decidono al posto nostro?
In senso tecnico, no: eseguono regole. Ma in senso pratico, filtrano la realtà. Ci mostrano certe opzioni, ne nascondono altre, ci orientano. Scegliamo tra ciò che ci viene mostrato.
E più gli algoritmi imparano (grazie al machine learning), più diventano adattivi: si modellano sui nostri comportamenti, ma allo stesso tempo li influenzano. È un circolo, spesso vizioso.
Gli algoritmi sono oggettivi?
No. Gli algoritmi non sono neutri. Riflettono:
- Le intenzioni di chi li ha creati.
- I dati su cui sono stati addestrati (che possono essere parziali o distorti).
- Gli obiettivi commerciali o politici di chi li gestisce (massimizzare il tempo online, i clic, le conversioni).
Un esempio famoso: nel 2018 si scoprì che l’algoritmo di YouTube tendeva a spingere contenuti sempre più estremi per aumentare il tempo di visualizzazione, anche a rischio di disinformazione o radicalizzazione.
Algoritmi e società: i rischi
1. Filter bubble e polarizzazione
Se gli algoritmi ci mostrano solo ciò che ci piace, rischiamo di chiuderci in una bolla, dove vediamo solo contenuti che confermano le nostre opinioni.
2. Discriminazioni e bias
Un algoritmo per selezionare curriculum può penalizzare candidati con nomi stranieri o donne, se addestrato su dati che riflettono pregiudizi preesistenti.
3. Opacità
Molti algoritmi sono “scatole nere”: non sappiamo esattamente come funzionano. Anche le aziende che li gestiscono spesso non li spiegano, per motivi di proprietà intellettuale o complessità tecnica.
4. Sovraccarico cognitivo
Se tutto viene deciso da algoritmi (notizie, amicizie, intrattenimento), rischiamo di delegare troppo, perdendo autonomia nel filtrare, scegliere, comprendere.
Serve una nuova alfabetizzazione
Come nel Novecento si imparava a leggere e scrivere per partecipare alla vita sociale, oggi è necessario capire come funzionano gli algoritmi. Non tutti devono saper programmare, ma tutti devono sapere:
- Che le piattaforme non sono neutrali.
- Che le scelte digitali sono spesso automatizzate.
- Che si può (e si deve) chiedere trasparenza e responsabilità.
Un algoritmo non è un’entità misteriosa o una forza incontrollabile. È uno strumento umano, costruito da esseri umani, per scopi precisi. Ma proprio per questo, ha un potere reale sul nostro modo di vivere, pensare, comunicare.
Comprendere come funziona, e soprattutto che effetto ha su di noi, è oggi uno degli atti più importanti per restare cittadini attivi in una società sempre più digitale.
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