Chi controlla l’energia, controlla il potere. Questa affermazione, oggi più che mai, suona come una verità strutturale del nostro tempo. L’energia non è solo un bisogno tecnico o una questione economica: è una leva di influenza, di ricatto, di alleanza, di guerra. Dall’oro nero del XX secolo all’energia verde del XXI, la lotta per le fonti energetiche ha modellato la geopolitica mondiale, definito equilibri internazionali e innescato conflitti sanguinosi.
Ma come si è evoluto il rapporto tra energia e potere? E cosa ci aspetta nel futuro, ora che il mondo si sta riconfigurando tra crisi climatica, guerra in Europa e corsa alle risorse strategiche?
Petrolio, guerra e potere: il secolo del fossile
Il Novecento è stato il secolo del petrolio, e con esso il secolo delle guerre per l’energia. Il controllo delle riserve petrolifere ha rappresentato per decenni una posta strategica primaria, dietro molte delle principali decisioni geopolitiche.
Basti pensare all’importanza del Medio Oriente, diventato un epicentro del potere energetico mondiale e teatro di interventi militari, colpi di Stato, rivoluzioni e guerre. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno costruito la loro egemonia globale anche grazie al dominio sulle rotte energetiche e al controllo finanziario del mercato petrolifero, ancorato al dollaro.
La nascita dell’OPEC nel 1960 ha rappresentato un tentativo dei paesi produttori di riequilibrare la situazione, ma ha anche innescato nuove tensioni: il primo shock petrolifero del 1973, seguito dal secondo nel 1979, ha mostrato chiaramente quanto l’energia potesse essere un’arma di pressione politica ed economica.
L’Unione Sovietica, dal canto suo, ha sempre utilizzato gas e petrolio come strumenti di influenza regionale, in particolare sull’Europa orientale. Dopo la sua dissoluzione, la Russia ha ereditato questa strategia, rendendola un pilastro della propria politica estera.
Gas e geopolitica: l’Europa sotto pressione
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 ha reso evidente una verità che molti in Europa avevano preferito ignorare: la dipendenza energetica è una vulnerabilità strategica.
Per anni, la Russia ha fornito all’Unione Europea circa il 40% del suo gas naturale. Con lo scoppio della guerra, Mosca ha usato il gas come leva per dividere i Paesi europei, mettere sotto pressione le economie più esposte (Germania in primis) e tentare di spezzare il fronte delle sanzioni.
Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, la corsa al gas liquefatto (LNG), gli accordi con Paesi africani e del Golfo: tutto questo ha trasformato il settore energetico europeo in un campo di battaglia geopolitico. L’energia è diventata diplomazia, difesa, sopravvivenza.
Ma questa crisi ha avuto anche un effetto acceleratore: ha spinto l’Europa a rivedere in modo drastico la propria strategia energetica, aumentando la produzione rinnovabile, cercando nuove rotte e investendo in tecnologie di stoccaggio e autonomia.
Oltre il fossile: le nuove rotte dell’energia
Se il XX secolo è stato dominato dai combustibili fossili, il XXI si gioca sempre più sulla transizione energetica. Ma attenzione: anche le energie rinnovabili, spesso raccontate come “pulite e democratiche”, non sono affatto neutre dal punto di vista geopolitico.
La produzione di pannelli solari, batterie e turbine eoliche dipende da materie prime critiche: litio, cobalto, rame, terre rare. Queste risorse sono concentrate in pochi Paesi (Cina, Repubblica Democratica del Congo, Cile, Bolivia, Australia) e spesso vengono estratte in condizioni ambientali e sociali critiche.
Inoltre, la Cina è il principale attore globale nella produzione e raffinazione di molti materiali essenziali per la transizione verde. Questo le conferisce un potere strategico enorme in un mondo che punta sempre più all’elettrificazione e alla decarbonizzazione.
Il futuro energetico, insomma, non cancella la geopolitica. La riconfigura. Se prima i conflitti erano per il petrolio, domani potrebbero essere per il litio. E se oggi si costruiscono gasdotti, domani si combatterà per la proprietà delle tecnologie verdi e delle infrastrutture digitali che le gestiscono.
L’Africa, nuovo campo di contesa
Un capitolo fondamentale della geopolitica energetica riguarda l’Africa, continente ricco di risorse ma storicamente sfruttato. Oggi molti Paesi africani rappresentano una nuova frontiera energetica, sia per le risorse fossili (gas, petrolio), sia per i materiali critici della transizione ecologica.
Non è un caso che potenze come Cina, Russia, Stati Uniti, India e Turchia stiano intensificando la loro presenza in Africa, tra investimenti, basi militari, accordi commerciali e progetti infrastrutturali. L’energia è il carburante delle nuove sfide multipolari.
Allo stesso tempo, l’Africa è anche tra le regioni più vulnerabili alla crisi climatica. La questione energetica si intreccia così con quella della giustizia ambientale e sociale, rendendo indispensabile una cooperazione che superi l’estrattivismo del passato.
Energia e futuro: sovranità o interdipendenza?
Nel nuovo mondo post-pandemico e post-globale, molti Stati stanno cercando una maggiore autonomia energetica, riscoprendo il concetto di sovranità energetica. Questo porta a un ritorno del protezionismo, a investimenti pubblici massicci, a una rinazionalizzazione strategica dell’energia.
Ma l’energia è anche, per sua natura, interdipendenza. Nessun Paese è completamente autosufficiente, e le reti globali restano fondamentali. La sfida è dunque costruire una sicurezza energetica che non significhi isolamento, ma resilienza, diversificazione, cooperazione.
In questo contesto, l’innovazione gioca un ruolo chiave. Dall’idrogeno verde al nucleare di nuova generazione, dai sistemi di accumulo all’intelligenza artificiale applicata alla gestione energetica, la tecnologia può essere un ponte tra sicurezza e sostenibilità.
Ma resta una domanda cruciale: chi controllerà queste tecnologie? E con quali obiettivi?
Conclusione: l’energia come specchio del mondo
In fondo, parlare di energia è un modo per parlare di tutto il resto. Di politica, di economia, di guerra, di diritti, di futuro. L’energia è il filo rosso che unisce la fabbrica e il parlamento, la centrale elettrica e la diplomazia, il pozzo di petrolio e la crisi climatica.
Per questo, comprendere la dimensione geopolitica dell’energia è fondamentale per leggere il mondo contemporaneo. Non si tratta solo di capire da dove arriva l’elettricità quando accendiamo la luce. Si tratta di capire quali equilibri tiene in piedi quel gesto quotidiano. E quali ne cadono.
Perché oggi, come ieri, l’energia è potere. E il potere, sempre, ha una geografia.