La transizione energetica verso fonti rinnovabili viene spesso presentata come una grande svolta storica, capace di salvare il pianeta e garantire un futuro sostenibile.
Ma siamo davvero così vicini a liberarci dai combustibili fossili? O stiamo coltivando un’illusione pericolosa, fatta di slogan, green marketing e semplificazioni politiche?
Questo articolo non vuole negare l’importanza della transizione ecologica. Anzi: intende difenderla da chi la svuota di senso, raccontando una realtà diversa da quella scientifica.
Perché il vero pericolo non è solo il cambiamento climatico: è anche la perdita di fiducia collettiva in soluzioni reali, alimentata da narrazioni ingenue o manipolatorie.
Cosa si intende per “transizione verde”?
Con “transizione verde” si intende il passaggio da un sistema energetico fondato su combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) a uno basato su fonti rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico, geotermico, biomasse.
Questo processo include anche:
- L’elettrificazione dei trasporti e dei consumi domestici
- L’efficienza energetica degli edifici
- La decarbonizzazione dell’industria
- L’economia circolare e la riduzione dei consumi
Sulla carta, un modello sostenibile e virtuoso. Ma nella pratica?
A che punto siamo davvero?
Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), nel 2023 le energie rinnovabili hanno coperto circa il 30% della produzione elettrica globale, ma solo il 13% dell’energia finale totale, che include anche trasporti, industria, riscaldamento.
I combustibili fossili rappresentano ancora circa l’80% dell’energia primaria mondiale.
📌 E i dati parlano chiaro: non siamo ancora in grado, tecnicamente e logisticamente, di sostituire completamente i fossili.
Le rinnovabili stanno crescendo, ma non abbastanza in fretta da compensare l’aumento della domanda globale di energia, trainata soprattutto da paesi emergenti.
Perché non basta la volontà?
Perché la transizione energetica non è solo una questione di volontà politica o tecnologia avanzata. È una sfida sistemica, che include:
- Intermittenza delle rinnovabili (il sole non splende sempre, il vento non soffia sempre)
- Limitata capacità di accumulo (le batterie sono costose, inquinanti da produrre, e ancora poco efficienti su larga scala)
- Problemi di rete e infrastrutture (trasportare energia pulita richiede aggiornamenti enormi delle reti elettriche)
- Disponibilità e concentrazione delle materie prime critiche (come litio, cobalto, rame, terre rare)
- Tempi di transizione industriale troppo lunghi per settori come l’acciaio, il cemento, la chimica
Aggiungiamo a questo che alcuni paesi e settori dipendono ancora completamente dai fossili, e che milioni di lavoratori vivono grazie a essi.
Il rischio dell’illusione
Quando la transizione verde viene raccontata come facile, veloce e indolore, si crea un’illusione collettiva. E quando l’illusione si scontra con la realtà (aumenti dei costi, blackout, dipendenze energetiche non risolte), cresce il malcontento e lo scetticismo.
Questo alimenta due grandi pericoli:
- La narrativa negazionista o complottista: “tutto questo è una farsa”, “è solo un modo per controllare la gente”, “è un business mascherato”.
- L’arretramento politico: quando le difficoltà emergono, i governi possono tornare indietro, rinviando o sabotando gli obiettivi climatici in nome della “ragionevolezza”.
Serve una transizione onesta, non perfetta
Siamo davanti a un bivio. Possiamo accettare che la transizione sarà difficile, parziale, imperfetta, ma necessaria. Oppure possiamo abbandonarla, rassegnandoci a una dipendenza eterna dai fossili — e alle conseguenze climatiche che ciò comporta.
📌 Dire che non possiamo fare tutto subito non significa che non dobbiamo fare nulla.
Questa è la trappola peggiore: usare le difficoltà come alibi per l’inazione.
Politica e promesse vuote
Troppo spesso la politica ha scelto la via più facile: promettere emissioni zero entro il 2050, senza spiegare cosa significa, senza fissare tappe concrete e misurabili, senza investire davvero.
Mentre si finanziano grandi eventi sul clima, si continuano a sovvenzionare le fonti fossili con miliardi di euro/dollari ogni anno.
Molti governi dichiarano “emergenza climatica” e poi approvano nuovi pozzi petroliferi, rigassificatori, oleodotti.
È un cortocircuito evidente: la retorica verde convive con la realtà marrone.
Questa incoerenza distrugge la fiducia, alimenta cinismo e paralisi.
Il ruolo dell’informazione
Un altro problema è la semplificazione mediatica. I giornali e le TV spesso presentano la transizione verde come:
- Un’innovazione tutta tech, da lasciare agli ingegneri
- Un dovere morale generico (“salviamo il pianeta!”)
- Una moda da consumatori (“compra elettrico, sei green”)
Ma pochi raccontano:
- La complessità reale della trasformazione
- Le implicazioni sociali, economiche e geopolitiche
- Le contraddizioni tra interessi economici e obiettivi ambientali
Serve un’informazione più adulta, più critica, più trasparente. Capace di spiegare, non di vendere.
Cosa possiamo fare davvero?
Non abbiamo bisogno di una transizione “perfetta”. Abbiamo bisogno di una transizione coraggiosa, concreta e progressiva, fatta di scelte collettive, sacrifici equi e visione di lungo termine.
Ecco alcune azioni sensate e realizzabili:
- Ridurre progressivamente l’uso dei fossili, partendo dai settori più convertibili.
- Investire massicciamente in ricerca e innovazione per stoccaggio, reti intelligenti, fusione nucleare e alternative alle terre rare.
- Ripensare i consumi, promuovendo efficienza, sobrietà, mobilità condivisa.
- Riqualificare i lavoratori dei settori fossili, per evitare ingiustizie e conflitti sociali.
- Rendere visibili i costi reali delle scelte: quanto costa non agire? Quanto ci costeranno gli eventi estremi?
Perché è molto importante farlo comunque
Anche se oggi non possiamo alimentare il pianeta solo con energia pulita, questo non significa che dobbiamo rinunciare a provarci.
Anzi: è proprio la difficoltà a rendere la transizione così necessaria. Perché ogni passo in avanti riduce la nostra dipendenza, migliora la qualità dell’aria, crea nuove opportunità, prepara il terreno per il futuro.
Dobbiamo farlo per non lasciare tutto com’è solo perché è più comodo, per non cadere nella propaganda di chi ha interesse a mantenere lo status quo, per non tradire la possibilità di un mondo diverso, anche se ci vorranno decenni.
L’illusione della transizione verde è pericolosa. Non perché non dovremmo provarci, ma perché ce la stanno raccontando nel modo sbagliato.
Non sarà breve, né facile, né lineare. Ma è l’unica strada percorribile se vogliamo evitare un futuro di crisi permanenti, disuguaglianze e catastrofi climatiche.
Non lasciamoci fregare dalla retorica che dice: “siccome non possiamo fare tutto, tanto vale non fare niente”.
Possiamo fare molto. E ogni passo, anche piccolo, può essere la base di una trasformazione reale — se è fatto con onestà, consapevolezza e responsabilità collettiva.
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