Un nemico microscopico
Immagina di bere un bicchiere d’acqua o mangiare un pesce, e senza saperlo ingerire frammenti invisibili di plastica. Le microplastiche sono ovunque: nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo, nei cibi che consumiamo e persino nel nostro sangue.
Questo tipo di inquinamento è subdolo, pervasivo e difficile da contenere. Ma cosa sono esattamente le microplastiche? Come si formano? E perché rappresentano una minaccia seria per la salute e per l’ambiente?
Cosa sono le microplastiche?
Le microplastiche sono frammenti di plastica con un diametro inferiore ai 5 millimetri. Si distinguono in:
- Microplastiche primarie: prodotte intenzionalmente in piccole dimensioni, presenti in alcuni cosmetici (scrub, dentifrici), detergenti e nell’industria come pellet (nurdles).
- Microplastiche secondarie: derivano dalla frammentazione di oggetti plastici più grandi, come bottiglie, buste, reti da pesca o tessuti sintetici.
Esistono anche le nanoplastiche, ancora più piccole (inferiori a 0,001 mm), in grado di attraversare le membrane cellulari e potenzialmente la barriera emato-encefalica.
Dove si trovano?
La risposta più onesta è: dappertutto.
- Oceani e mari: uno studio pubblicato su PLOS ONE nel 2023, basato su oltre 11.000 stazioni di campionamento tra il 1979 e il 2019, stima la presenza di oltre 170 trilioni di particelle di plastica galleggianti negli oceani. Lo studio sottolinea una crescita esponenziale a partire dal 2005, indicando che le misure attuali non stanno contenendo efficacemente l’inquinamento marino.
- Acque dolci: i fiumi trasportano ogni anno milioni di tonnellate di plastica dai centri urbani ai mari.
- Atmosfera: le microplastiche possono essere trasportate dal vento e ricadere con la pioggia.
- Cibo e acqua: trovate in sale, miele, birra, acqua in bottiglia, frutti di mare, pesce.
- Organismo umano: rilevate in feci, placenta, sangue, polmoni e persino nel cervello umano (The Guardian, 2024).
📊 Lo sapevi che…? Secondo il WWF (2019), potremmo ingerire fino a 5 grammi di plastica a settimana, ma stime più aggiornate indicano una media tra 0,1 e 0,7 grammi. (Microplastica Wikiepdai)
Le principali fonti di microplastiche
Le microplastiche provengono da moltissime fonti, spesso legate alla vita quotidiana:
- Tessuti sintetici: ogni lavaggio di capi in poliestere, nylon o acrilico rilascia migliaia di microfibre.
- Usura dei pneumatici: rappresenta una delle principali fonti di microplastiche nei centri urbani.
- Cosmetici e detergenti: alcuni ancora contengono microgranuli in plastica, vietati solo in alcuni paesi.
- Rifiuti plastici abbandonati: si degradano lentamente in piccoli frammenti.
- Attrezzature da pesca: reti, corde e boe in plastica contribuiscono massicciamente all’inquinamento marino.
I rischi per la salute e l’ambiente
Per gli ecosistemi
Le microplastiche sono ingerite da migliaia di specie marine, dai crostacei al plancton. I rischi includono:
- Lesioni interne e ostruzione;
- Falsa sazietà, che porta a malnutrizione e morte;
- Bioaccumulo di sostanze tossiche assorbite dalla plastica (metalli pesanti, pesticidi, PCB).
Questo ha un impatto diretto anche sull’uomo, attraverso la catena alimentare.
Per la salute umana
Studi recenti hanno evidenziato:
- Reazioni infiammatorie e stress ossidativo causati da microplastiche inalate o ingerite;
- Potenziale interferenza endocrina da additivi plastici come ftalati e bisfenolo A;
- Rischio di trasporto di batteri patogeni e agenti contaminanti.
Sebbene la ricerca sia in corso, molti esperti invocano il principio di precauzione.enziati chiedono il principio di precauzione: non servono prove definitive per iniziare a ridurre i rischi.
Normative e soluzioni in corso
Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza pubblica e scientifica ha spinto diversi paesi ad adottare le prime misure normative per contrastare l’inquinamento da microplastiche, anche se il quadro legislativo globale rimane ancora frammentato.
A livello europeo, l’Unione Europea ha introdotto un’importante restrizione attraverso il Regolamento UE 2023/2055, che vieta l’immissione sul mercato di microplastiche intenzionalmente aggiunte in una vasta gamma di prodotti, a partire dal 17 ottobre 2023. Il regolamento si applica progressivamente a cosmetici, fertilizzanti, detergenti, materiali da costruzione e altri articoli industriali. Il testo completo è disponibile sul sito ufficiale dell’Unione Europea: Regolamento UE 2023/2055.
Anche l’Italia ha adottato misure specifiche:
- Dal 1° gennaio 2019 è vietata la commercializzazione dei cotton fioc in plastica non compostabile, a seguito della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), art. 1 comma 545.
- Dal 1° gennaio 2020 è vietata la vendita di cosmetici da risciacquo contenenti microplastiche, grazie agli articoli 546‑548 della stessa legge (Documenti Camera.it)
Negli Stati Uniti, il Microbead‑Free Waters Act è stato firmato nel dicembre 2015 e attuato progressivamente dal 2017, vietando produzione e vendita di microgranuli in cosmetici .
Anche Canada, Regno Unito, India, Taiwan e Nuova Zelanda hanno introdotto divieti simili tra il 2018 e il 2020. Per esempio, in Canada è disponibile una panoramica dettagliata sul sito ufficiale.
E noi cosa possiamo fare?
Nonostante la portata globale del problema, ognuno di noi può contribuire:
- Preferire prodotti riutilizzabili e senza plastica monouso;
- Scegliere abiti in fibre naturali e ridurre i lavaggi aggressivi;
- Evitare cosmetici che contengano microplastiche (attenzione a ingredienti come “polyethylene”, “polypropylene”);
- Sostenere iniziative ambientali e richiedere normative più ambiziose.
🔍 Cambiare tutto da soli è impossibile. Ma iniziare a cambiare qualcosa è necessario.
Il futuro che galleggia
Le microplastiche rappresentano una delle minacce ambientali più pervasive del nostro tempo, perché non si vedono ma sono ovunque. Sono il simbolo di una modernità usa e getta, di un sistema produttivo che non chiude il ciclo, di un’umanità che consuma senza vedere le conseguenze.
Eppure, proprio perché invisibili, le microplastiche ci impongono un esercizio di consapevolezza: guardare più a fondo, oltre ciò che appare pulito, comodo, normale. Solo riconoscendo i segnali invisibili del degrado possiamo immaginare un nuovo equilibrio tra produzione, ambiente e salute.
Perché ogni frammento di plastica disperso nel mare è il riflesso delle scelte che facciamo ogni giorno, anche quando non ce ne accorgiamo. È importante capire che l’inquinamento non nasce altrove: prende forma nelle nostre abitudini, nei gesti ripetuti, in ciò che scegliamo di ignorare, facendo finta che il problema non esista o non ci riguardi.
La plastica nei mari è solo il sintomo visibile di un problema invisibile: il nostro modello di consumo.